mercoledì 27 agosto 2008

Who Killed Luce?





Luce non credeva che tutto questo stesse succedendo a lei.
Non poteva credere che ogni cosa che aveva sognato, da anni, gli si stesse consumando fra le dita.



Fin da piccola lei odiava una cosa, la solitudine.
Quella tortura che apre le porte della mente, della sua mente, rendendola malvagia
Malvagia contro se stessa.




E ora, in questo buio. In questo buio cosi grande di una casa che non ha mai sentito propria.
Luce, è più che mai decisa.










Luce era qui da anni.
Quanti, non si sa.


Forse nata qui, da una madre che gli ha trasmesso questro virus.
Il virus della solitudine.



Odia i contatti umani, con chiunque.

Chi le si avvicina a meno di 5 metri, lei lo sente.


Le si chiude la gola come in un attacco di panico,
una volta allontanato da lei, si riprende da sola,


come se avesse un radar.





Odia le persone, ne ha paura;
il perchè, non lo conosciamo.









Vive in una stanza magnifica. Immensa.
Seduta sul bordo del letto, lei non riesce a vederne i confini.


Merito di una famiglia aristocratica e benestante, che le ha permesso tutto ciò.
Ha letto sui giornali, che suo padre si è risposato da tempo.
Non l'ha più visto da quando è morta la madre.
Non ha più nessun legame.
Nessuno.



Il mondo è un'entità lontana, che ruota intorno ad altre persone. Non a lei.
Un unico desiderio è riuscita esprimere, da quando è ricoverata in questa magnifica villa che però racchiude tanta tristezza.

Il soffitto è colorato da miliardi di stelle.
Le sue, stelle.








Vive in una stanza circolare, circondata da un altra stanza circolare.
Tra le due stanze, una distanza di 10metri cosi che possa muoversi liberamente, senza il rischio che abbia un suo attacco.


La controlliamo con telecamere, il cibo è portato da dei robot telcomandati.
Questo posto è stato costruito per lei, dai chi, non ci e dato saperlo.







Io sono stato incaricato di "salvarla",


cosa quasi impossibile, visto che non si possono fare esami,
non la si puo toccare.




Nulla, che possa far in modo di aiutarla.










La sua presenza la sento. Qui vicino a me.
Aleggia in tutto questo posto vuoto.
Pochi mobili. Privi di spigoli.
Hanno eliminato qualsiasi pericolo per il mio corpo.


Se mi facessi male, probabilmente morirei.
Anche un taglio poco profondo, che neppure un bambino si spaventerebbe, per me potrebbe essere fatale.

Non per la ferita. Non per il sangue.
Ma per la paura.



La paura di vedere persone accanto a me.
Di sentirle, vivere.
Di sentire il loro cuore che pulsa.





Osservo il mondo da una finestra.
E' una parete vera e propria dove c'è solo vetro.
Lastre di vetro che mi separano dal mondo.



Qui, è un posto tranquillo.
Ci sono solo alberi e campi.
Ma io, ho due appuntamenti fissi.


Alla mattina, appena lui arriva, io sono li.
Alla sera, appena lui va via, io sono li.
Non so chi sia, nessuno me l'ha mai detto.
Quei robot, non parlano. Però ogni giorno, lui è li.









Proviamo l'ultimo tentativo rischioso,
quasi folle per il modo in cui la conosicamo.



Introdurre qualcosa di vivo.
Inizialmente lo introduciamo nella zona che la circonda, il giardino intorno a lei.


Un gatto nero.


Non sembra provocarle reazioni,
l'esperimento procede bene, forse una volta preso confidenza con qualcosa di vivo,
riuscirà a farlo anche con gli umani.



Tra due giorni introdurremo il gatto nella stanza.
Prego che tutto vada bene.









Sento le sue zampe sul muro.
All'inizio ho pensato fosse un cane, ma non abbaiava, mai. da giorni.



Avevo paura ad uscire dalla mia stanza.
Lo sentivo che era poco distante, li vicino a me.
Forse, era ancora un robot. Un nuovo aggeggio che qualcuno ha inventato per me.



Dormo poco durante la notte.
Il mio corpo non si stanca.
Non può stancarsi, e io non riesco a sentirmi viva. Vera.



Vorrei poter chiedere di parlare con lui, con quella presenza che ogni mattina e ogni sera viene da me, ma l'uso della parola, forse, l'ho dimenticato da molto.


Mi sveglio come solito all'alba.
Aspetto il suo arrivo.

Stamattina è in ritardo. non c'è. dov'è?!










Stamattina ho deciso di non andare.
Mi aveva contagiato la sua paura


Do il via all'esperimento.
Il gatto entra a piccoli passi.



Lei prova a toccarlo, ma appena lo accarezza,
cade a terra.



Iniziano le convulsioni, il gatto non va via da li.



Lei rimane lì.
Nessuno si puo avvicinare per soccorrerla, sarebbe peggio.





Dopo minuti di agonia, muore.




L'autopsia rivelerà che non aveva paura del gatto,
ne era semplicemente allergica.








The End.






mercoledì 27 febbraio 2008

Revolution World




Vivienne viveva una vita strana.

Ostentava sorrisi e risate.

Declamava la sua vita, come perfetta, eppure nel silenzio lei sapeva.

Odiava circondarsi del vuoto.
Odiava la solitudine, perchè la portava a pensare.
E lei, aveva troppo paura dei suoi pensieri.


Si vedo anziani con la magliette dei nirvana, e bambini di dieci anni in giacca a cravatta. Sono tempi strani, in cui gli unici che non si sono omologati sono gli anziani;

il resto è come se vivessero in città perfette,

senza gusti.

É tutto prefabbricato.

I gusti vengono imposti, deve piacere questo,

senza ribellarti.

Solo la vecchia generazione,

ormai emarginata, abbandonata da tutti,

loro sono liberi.

Che paradosso.

Gli unici che sono liberi,

sono quelli che hanno pochi giorni da vivere,

eh vivienne, non ti sembra strana come cosa.



Il mondo gira al contrario,

ciò che è vecchio, risulta nuovo,

i bambini sono falsati e stanchi. Portano il peso degli anni.

Gli adulti rimangono in penombra.

Ci sono,ma non si vedono.

Non hanno consistenza.

Gli anziani, hanno appena conosciuto il mondo.

Questo mondo.

E Vivienne sembra essere l'unica che ha capito tutto ciò.

Ne parla con la gente, cerca di farli entrare nelle sue teorie.

Ma la gente, la classifica come pazza.

Lei, proprio lei, che pazza non è.

Ha solo scoperto il segreto del mondo.



Vivienne, devi dire a tutti quello che ti dico,

perché io non posso farlo.

Non mi ascoltano.

É come se non mi sentissero,

invece a te si, ti danno retta.

Hai visto il bambino prima,

ha detto se avevi il braccio sporco di nero.

Invece quel bambino non sa che quello è...


Un mondo perfetto.

Mi sono sempre chiesta se potesse veramente Esistere...

Tutti sembrano pensare che questo lo è.

Eppure anche se in superficie questo mondo è panna e cioccolato, in realtà sotto, nasconde l'amaro della vendetta.

Osservo un bambino, mentre scende dalla sua lamborghini e si dirige al lavoro.

Un uomo di classe, peccato sia un bambino.

Un tempo, questo non accadeva.

Il massimo che i bambini avevano erano un'automobile giocattolo eppure il mondo è cambiato se meglio o in peggio. questo nessuno lo sa.

Osservo un signore mentre nasconde il suo tatuaggio.

Lui, è vissuto nel mondo precedente. Lui, sa.

Ma non può parlare.

Un silenzio in cambio di una vita.

domenica 6 gennaio 2008




.... Lasciava quelle visioni magnifiche.

Quel paesaggio che era stata la sua vita,

fino ad oggi.

Un alito di vento, un ultimo brivido lungo la schiena.

Mentre lascia perdere lo sguardo verso quell'oceano con cui ha sempre giocato.

Il suo miglior compagni di giochi.

Nato da sempre con quelle spiagge isolate.

Perché l'Irlanda è un pò cosi. Rude & Solitaria.

Ma Lukas sapeva che doveva andarsene.

Ora definitivamente.

Nonno era morto. La terra ancora smossa.

Quel piccolo cimitero in collina.

Quella piccola lapide,

con la fotografia di suo nonno.

Sorridente.

E lo era sempre.

Lukas non ha mai visto suo nonno triste,

mai arrabbiato,

mai deluso o frustrato.

Lui amava la sua piccola villetta in mezzo ai boschi,

sulla scogliera, a picco su quell'oceano indomabile.

Nonno. L'unica persona rimasta della sua famiglia.

Troppo piccolo per ribellarsi, troppo grande per far finta di non capire.

Lukas si ferma ancora un attimo, guarda quelle vie su cui ha corso mille volte....

Quel paesaggio che ha sempre amato più di se stesso.

Ora lo aspetta Roma. Con i suoi grandi palazzi. E suo padre.

Lui che suo padre non l' ha mai visto.

Ma saputo della morte di nonno, è l'unica entità rimastagli.

Una lettera. Che stringe fra le mani, ancora.

Poche parole da una persona identificata come "padre" ma che non ha mai visto.

Poche parole che gli impongono di trasferirsi da lui.

Così è stato deciso.

E quella parole rimbalzano nella sua piccola mente.

Ma nessuno perchè a me a chiesto niente?



Lukas lo vedevo triste, indeciso,

quasi in un posto che non conoscevo.

Ero il suo amico più fidato,

erano gironi che andava li al cimitero,

a volte se il guardiano era fuori,

mi portava di nascosto dentro,

in caso contrario mi legava al cancelletto

anche se sapeva che non scappavo via

ma ero io, l'unico che gli era rimasto qui,

e quel gesto era per farmi capire

che non voleva perdere anche me.

Io, il suo cane,

quello che aveva corso con lui

che lo aveva accudito quando stava male,

e che non si era mai separato da lui.

Ora lo vedevo li,

indeciso su cosa fare.

Forse vuole abbandonarmi,

forse vuole andarsene.

…E un odore che su di lui non avevo mai sentito,

non capisco cosa sia;

in genere dal suo odore

capisco il suo stato d'animo ma questa volta no,

questa volta è solo con i suoi pensieri,

e anche se sono qui,

la sua mente è fuori sulla porta del mare,

in bilico, dove si decide se vivere o morire,

dove si decide qual'è la vita che conta di più.



Un momento.

Solo uno. Per decidere quanto valga la vita.

Una telefonata che giunge lontana ma in realtà vicina.

Un uomo. Venuto per accompagnarmi fino da mio padre.

Non si è neanche preoccupato di venirmi a prendere lui.

Ha mandato qualcun'altro...

Chiedo se posso portare Johnny,

il mio cane,

il mio migliore amico,

la mia vita.

Lo sguardo dell'uomo si fa cupo.

Risponde che è meglio lasciarlo qui.

nel suo ambiente.

Il mondo crolla.

Urla. Urla che aprono il cielo.

Se mio padre vuole me mi avrà solo con Johnny.

Questa è l'unica condizione possibile.

L'uomo si allontana velocemente.

Pochi secondi.

Scambi di frasi veloci.

Risponde che Johnny può venire con me.

Abbraccio il mio cagnolino.

Dolce & Ribelle.

Compagno di una vita che ora verrà modificata.

Radicalmente.

Ultimo sguardo all'oceano.

Porto Johnny con me, lo lascio correre in mezzo a quei sassi che ora non rivedrà più.

In mezzo a qui colori di acqua viva.

E io corro con lui...

Lontano...



Mi mettono una gabbia,

non so perché.

Mai successo, non ne vedo il motivo,

e poi mi chiudono in posto buio,

l'aria diventa irrespirabile.

Lukas non capisco dove sia finito,

mi ha lasciato qui solo,

rinchiuso in un posto che non conosco.

Poi qualcuno mi da qualcosa da mangiare,

ma poi il nulla.

Riapro gli occhi e sono in un giardino,

fa caldo qui e non si sente neanche l'odore del mare.

Vedo Lukas che corre verso di me e mi abbraccia,

poi mi fa il solito gioco della zampa,

e il come sempre sto al suo gioco.

La casa sembra bella,

ma manca il calore, quello dei sentimenti.

La casa è un insieme di cose,

senza sentimenti non è una casa,

ma un posto fatto da mura,

una prigione.

Guardo quella persona,

che non mi da fiducia.

Ringhio contro di lui,

Lukas mi trattiene,

ma....