Luce non credeva che tutto questo stesse succedendo a lei.
Non poteva credere che ogni cosa che aveva sognato, da anni, gli si stesse consumando fra le dita.
Fin da piccola lei odiava una cosa, la solitudine.
Quella tortura che apre le porte della mente, della sua mente, rendendola malvagia
Malvagia contro se stessa.
Luce, è più che mai decisa.
Luce era qui da anni.
Quanti, non si sa.
Il virus della solitudine.
Odia i contatti umani, con chiunque.
Chi le si avvicina a meno di 5 metri, lei lo sente.
una volta allontanato da lei, si riprende da sola,
il perchè, non lo conosciamo.
Vive in una stanza magnifica. Immensa.
Seduta sul bordo del letto, lei non riesce a vederne i confini.
Ha letto sui giornali, che suo padre si è risposato da tempo.
Non l'ha più visto da quando è morta la madre.
Non ha più nessun legame.
Nessuno.
Il mondo è un'entità lontana, che ruota intorno ad altre persone. Non a lei.
Un unico desiderio è riuscita esprimere, da quando è ricoverata in questa magnifica villa che però racchiude tanta tristezza.
Il soffitto è colorato da miliardi di stelle.
Le sue, stelle.
Vive in una stanza circolare, circondata da un altra stanza circolare.
Tra le due stanze, una distanza di 10metri cosi che possa muoversi liberamente, senza il rischio che abbia un suo attacco.
Questo posto è stato costruito per lei, dai chi, non ci e dato saperlo.
Io sono stato incaricato di "salvarla",
non la si puo toccare.
Aleggia in tutto questo posto vuoto.
Pochi mobili. Privi di spigoli.
Hanno eliminato qualsiasi pericolo per il mio corpo.
Anche un taglio poco profondo, che neppure un bambino si spaventerebbe, per me potrebbe essere fatale.
Non per la ferita. Non per il sangue.
Ma per la paura.
La paura di vedere persone accanto a me.
Di sentirle, vivere.
Di sentire il loro cuore che pulsa.
Osservo il mondo da una finestra.
E' una parete vera e propria dove c'è solo vetro.
Lastre di vetro che mi separano dal mondo.
Qui, è un posto tranquillo.
Ci sono solo alberi e campi.
Ma io, ho due appuntamenti fissi.
Alla sera, appena lui va via, io sono li.
Non so chi sia, nessuno me l'ha mai detto.
Quei robot, non parlano. Però ogni giorno, lui è li.
Proviamo l'ultimo tentativo rischioso,
quasi folle per il modo in cui la conosicamo.
Introdurre qualcosa di vivo.
Inizialmente lo introduciamo nella zona che la circonda, il giardino intorno a lei.
Non sembra provocarle reazioni,
l'esperimento procede bene, forse una volta preso confidenza con qualcosa di vivo,
riuscirà a farlo anche con gli umani.
Tra due giorni introdurremo il gatto nella stanza.
Prego che tutto vada bene.
Sento le sue zampe sul muro.
All'inizio ho pensato fosse un cane, ma non abbaiava, mai. da giorni.
Avevo paura ad uscire dalla mia stanza.
Lo sentivo che era poco distante, li vicino a me.
Forse, era ancora un robot. Un nuovo aggeggio che qualcuno ha inventato per me.
Dormo poco durante la notte.
Il mio corpo non si stanca.
Non può stancarsi, e io non riesco a sentirmi viva. Vera.
Vorrei poter chiedere di parlare con lui, con quella presenza che ogni mattina e ogni sera viene da me, ma l'uso della parola, forse, l'ho dimenticato da molto.
Aspetto il suo arrivo.
Stamattina è in ritardo. non c'è. dov'è?!
Stamattina ho deciso di non andare.
Mi aveva contagiato la sua paura
Il gatto entra a piccoli passi.
Lei prova a toccarlo, ma appena lo accarezza,
cade a terra.
Iniziano le convulsioni, il gatto non va via da li.
Lei rimane lì.
Nessuno si puo avvicinare per soccorrerla, sarebbe peggio.
Dopo minuti di agonia, muore.
L'autopsia rivelerà che non aveva paura del gatto,
ne era semplicemente allergica.